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I media mondo

giovedì, aprile 26, 2007

Trasloco


Ok, basta. Dopo che blogspot ha bloccato per mesi e mesi la possibilità di gestire il blog - causa passaggio alla sua nuova gestione - sono riuscito a TRASLOCARE.
L'occasione è il tempo concessomi dal jet lag qui a Boston e la disponibilità di wifi libero ovunque che mi lascia lavorare connesso praticamente sempre e in ogni luogo.
Per chi mi vuole seguire nell'avventura i nuovi media-mondo sono qui:
http://mediamondo.wordpress.com/
Un saluto bostoniano a tutti. Ci si vede di là!

mercoledì, aprile 25, 2007

La nostra Media in Transition (esperienze Bostoniane)



Dal 27 al 29 aprile sarò a Boston al Massachusetts Institute of Technology con Fabio e Luca per partecipare al MIT5 (Media in Transition), una gigantesca conferenza organizzata da Henry Jenkins che finalmente incontro di persona. Al gruppo si aggiunge Bernardo Parrella che seguirà la copertura dell'evento in lingua italiana assieme a noi. Impresa quasi disperata visto la mole di interventi e sessioni - compresa la nostra.
L'agenda della conferenza è fittissima; la nostra pure!
Per complicarci la vita abbiamo organizzato incontri extraconferenza per conoscere meglio alcuni progetti dei laboratori MIT.
Il primo è quello con Federico Casalegno direttore del Mobile Experience Lab che si occupa di

reinventing and designing the connections between people, ideas and
physical places using cutting edge information technologies in order to improve
people's lives through meaningful experiences



La prospettiva sembra molto interessante. Nei prossimi giorni il racconto.

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lunedì, aprile 23, 2007

A proposito della semantica e delle conversazioni dal basso



Le "irritazioni" prodotte dalle conversazioni dal basso proseguono... segno che l'importanza del tema, almeno per noi, è cruciale.
Roberta in un suo post commenta le implicazioni relative al criterio della "pertinenza", omologo funzinale della qualità nel web contemporaneo.
Come al solito duplice visione.
Sul lato del sociale, cioè della comunicazione.
Bè, la pertinenza è come dire indifferenza della comunicazione rispetto ai vissuti.
Ognuno si arrangi. Scelga un po' quelo che gli pare come gli pare... se non va lo modifichi(vedi wikipedia)e lo rimetta in circolo.
La comunicazione comunque si riproduce nella sua indifferenza.
Grazie ai singoli.
E' un problema loro trovare le pertinenze. Al limite la comunicazione (il sociale, il mercato, ecc.) monitora l'operazione è può utilizzarne gli esiti a propri fini.

Sul lato degli individui.
L'ho detto durante la conversazione con Giuseppe Granieri: la potenza della forma a venire con il "nuovo" web sta nella capacità di produrre una semantica "non curata" (si va sul difficile... al limite non continuate a leggere) che circola e si diffonde, che "palpabilmente" modifica la semantica "curata" della società, irritandola, imponendogli di cambiare: guardate cosa capita a proposito del copiright.
Nel web contemporaneo questa cosa la si può osservare in tempo reale ed è capace di irritare milioni di conversatori - grazie alle caratteristiche delle conversazioni sul web: persistenza, ricercabilità,replicabilità (Danah Boyd docet).
Ecco, uno dei significati di "dal basso" per me è questo.

Lele Dainesi parla di...



Lele Dainesi comincia facendo outing: il benefit che pretendeva una volta quando veniva assunto era l'automobile. Oggi è la possibilità di continuare a postare.
Libertà di comunicazione come lusso?

1. La tematica centrale è la possibilità attraverso motori semantici di riconoscere le conversazioni, monitorarle e processarle a fine di MKT (torna a "bomba" la tematica del controllo).
Le aziende sono inetressate a sniffare le conversazioni... questo è il futuro del corporate blogging
-
2.Il futuro dei blog è nei social network
noi vogliamo più commenti

che sul lato azienda significa maggiore profilazione dell'utente e delle sue relazioni a fini pubblicitari.

La disucssione di Federico Venturini ha portato il tema sulla relazione web PMI e su come la dimensione corporate cerca di "incorporare" le relazione del social networking.

venerdì, aprile 20, 2007

Massimo Russo e il giornalismo dal basso



Interessante la conversazione con Massimo Russo "curata" da Roberta.
Alcuni domande centrali poste da Mssimo:
- Dove sarà il potere mainstream sul web? - si veda la non neutralità degli algoritmi usati dai motori di ricerca
- Come sopravviverà nell’era digitale il giornalismo di qualità? Google grid, micro content alla Twitter e poi?
- Quali prospettive del grassroots all'"amatriciana"?
Presto dettagli su slideshare...

Luca Conti e le sue conversazioni dal basso



Luca Conti apre la conversazione sulla relazione cittadini/pubbliche istituzioni a partire da una ricchezza di spunti che trovate linkati su Pandemia.
Tanto materiale interessante:
- conversazioni di "categoria" come il gruppo dei vigili del fuoco di Los Angeles
- Beppe Grillo e Di Pietro hanno in comune la stessa agenzia che li "blogga". Come dire: stare in pubblico i rete richiede talvolta una intermediazione professionale di chi la logica e la grammatica della rete la conosce
- presidenziali francesi: il sito di Segolene che organizza gli incontri attraverso una google map: attivazione dei militanti in puro stile MKTG politico, ecc.

Il discussant, Pier Luigi Capucci "affonda" portando la discussione su politica e blogger: c'è la possibilità di usare i blogger per tarare le informazioni e veicolare messaggi elettorali?
Un post del pubblico porta la conversazione su Ritalia e le forme di connessione dal basso.

Giuseppe Granieri dal basso



Conclusa la prima conversazione con Giuseppe che ha evidenziato la centralità del momento attuale che secondo il pubblico in sala (per alzata di mano) è un momento di grande trasformazione.
Una relazione intensa e "densa" concettualmente, che ha fatto il punto sulla necessità di fondare il ragionamento non più su una distinzione tra media di massa e rete.
Alcune cose trattate:
- l'importanza dei media di massa nel percorso evolutivo della società moderna nel costruire i concetti di fiducia e qualità che, oggi, cambiano
- il senso fuorviante della parola "dal basso" se ragioniamo all'interno di Internet e la necessità di trovare nuove categorie interpretative
- il concetto di qualità che nassce e prende forma nella società di massa muta nella rete e diventa "pertinenza" - connettendo la qualità alla fruizione e ai bisogni individuali.

Mi è sembrato chiaro che per Giuseppe la distinzione mainstream/non-mainstream sia una forma ideologica forse poco utile.
Che parlare di Web 2.0 vuole dire solo che abbiamo cominciato a capire come utilizzare la chiave "relazionale" del web e produrre sistemi/interfacce portate a questa forma.

La comunicazione? Poco democratica



Quanto è democratica la comunicazione? Poco, dice Lella Mazzoli nelle nostre conversazioni dal basso. Cè sempre "asimmetria" tra sistemi/organizzazioni e soggetti.
Cambia qualcosa con il Web2?
Certo sarebbe azzardato oggi fare previsioni di un rapporto meno asimmetrico fra micro e macro grazie alle conversazioni dal basso ma ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando.

Cosa cambia allora? Le occasioni di contatto, la costruzione di esperienze intersoggettive, forme che, per me, consentono ai vissuti di proporsi e riproporsi, di diffondersi e mettersi in sintonia con le differenze.
Ecco, la democrazia delle differenze viene messa in conversazione.

giovedì, aprile 19, 2007

Nuvole di conversazioni

Siamo arrivati alle conversazioni dal basso.



Dopo alcuni mesi di lavoro, io, Fabio, Luca e David abbiamo portato in porto il tutto assieme a parecchi amici.
Adesso comincia la conversazione.
La mia sarà con Giuseppe e l'idea, nelle sue parole, è più o meno di fare
l'esame di "alto" e "basso" in termini non ideologici (come spesso si tende a fare, confondendo equità con uguaglianza e democrazia con varie vulgate). Una "breve storia dei media" raccontata in quest'ottica, culminando con l'evoluzione priva di governo di Internet


Buttando giù degli appunti in relazione alla conversazione è mersa la mia tag clouds di domani:


created at TagCrowd.com




E' semplicemente un gioco di visualizzazione. Mi piacerebbe postare domani la tag clouds delle nostre conversazioni. Mgari qualcuno mi da una mano...

martedì, aprile 17, 2007

Il minuto più bello della tua vita


Myminutes.org è un progetto per la creazione di un calendario emozionale collettivo mondiale.
Ti compri un minuto a 1 euro più tasse di mantenimento ed è tuo per tutta la vita. Oppure lo rivendi su eBay. Economia delle emozioni!!!!!
Dice il freatore Daniele Alberti:
La mia idea è creare la prima community che raccolga i minuti più belli vissuti dal genere umano, un portale nel quale è possibile fissare i momenti più significativi della propria vita in una sorta di calendario perpetuo universale, condiviso con tutto il mondo.
(potete leggere l'intervista completa su apogeonline.
Condivisione emotiva per immagini. Un modo per auto rappresentare il proprio vissuto ed inserirlo in un contesto relazionale connesso dall'emotività.
Il tempo sociale scandito dal calendario collassa nei tempi individuali frazionati(quelli immortalati e cristallizzati nell'acquisto)e si connette agli spazi delle vite(quelli rappresentati nelle foto).
Un bell'esempio di riappropriazione dei ritmi dei vissuti guidati dall'economia delle emozioni... in senso letterale ;-)

lunedì, aprile 16, 2007

Non mainstream media orientati



Oggi nel corso di Sociologia dei new media , ospite Francesca Pasquali, si è parlato del rapporto tra mainstream/non mainstream media a partire dalla ricerca Gli altri media. Ricerca nazionale sui media non-mainstream.
Uno dei risultati interessanti è che i media mainstream orientano le pratiche d'uso e di produzione dei media non mainstream.
Estendendo la cosa al web 2.0 si potrebbe dire che: si postano video su you tube con buffe interpretazioni di brani musicali cool del momento; si montano filmati con spezzoni famosi utilizzando i linguaggi ironici della neotv; si sprecano i post relativi alle fiction del momento; si scaricano musiche dei cartoni visti nel pomeriggio...
Come dire: la logica di coinvolgimento e di interesse, di produzione e diffusione passa comunque da un orientamento "imposto" dai linguaggi dei media mainstream.
O c'è altro? Proviamo a parlarne nelle conversazioni dal basso :-)

domenica, aprile 15, 2007

La socialità dei blogger: psicopatologia della seconda vita quotidiana



Approfondiamo il ragionamento che ho provato a delineare in un mio post precedente e che sembra avere sollecitato in giro qualche riflessione (come quelle di Roberta)

Il dibattito, necessario e serio, sulla realtà dei blog non può prescindere dalla distinzione tra funzione e forme dei blog da una parte, e natura atropo-sociale del bloggers dall’altra.
Il contesto è, ovviamente, più ampio. Mi limito però qui a dire: dobbiamo pensare che per un verso abbiamo a che fare con un fenomeno sociale che “fa” società e che per l’altro verso abbiamo a che fare con gli individui e con il contesto comunicativo e di socializzazione mutato dalla presenza di ambienti mediali. Ci sono dunque implicazioni di portata sistemico-mediale dovute alla proliferazione di mezzi di massa a portata individuale e collettiva. E poi ci sono gli individui.
Si tratta di solitari solipsisti impermeabilizzati nelle relazioni grazie alle forme a distanza?
Oppure di tecnoconnettivisti ad alta densità di relazioni sociali che pluralizzano le identità nei diversi ambienti reali/artificiali sperimentando la complessità del vivere oggi (la vulgata di SecondLife stile “pariolini” docet: leggersi pezzo di Ammanniti su XL)?

Quello che mi interessa sono i percorsi interpretativi che tengono in considerazione una sospetta dinamica di desocializzazione connessa alle pratiche relazionali mediate.
I quasi 120 milioni di abitanti di MySpace e quelli di piattaforme simili di social network, perlopiù giovani, mostrano il mutamento culturale che pervade la rete oggi. Si è in contatto con gli altri anche per via mediata, grazie alle forme di distanza a pratiche culturali e partecipative che si costruiscono attorno ad attività discorsive mediate tecnologicamente. Meno chiacchiere al bar e più in rete, meno turbamenti emotivo-corporei sulle panchine dei giardini e più Messenger, cose così.

Bifo, da sempre attento alle psicopatologie della seconda vita quotidiana, la pensa così:

Altro che social network, in realtà si tratta di una pratica che cancella la socializzazione, o piuttosto (io credo) si tratta di una pratica che risponde al bisogno di desocializzazione. Il contatto, la presenza, la vicinanza diventano sempre meno sopportabili per la generazione che ha imparato più parole da una macchina che dalla mamma, per bambini che non hanno frequentato bambini, e sono cresciuti attaccati a un mediatore di socialità.


I “mezzi di comunicazione di massa per le masse” diventerebbero mezzi di riproduzione di massa delle masse. Le pratiche di mediazione della socialità preludono ad una società fondata sul distacco fisico e sulla mediazione emotiva delle macchine. L’accento, insomma, è sull’effetto di desocializzazione.
Desocializzazione. O, piuttosto, iper-socializzazione,? - che è come dire: de-socializzazione per eccesso di socialità: diretta e mediata, della prima e della seconda vita.
Ma non dovevamo dimenticare – dopo Foucault anche – Baudrillard?
La riflessione teorica è simile a quella che caratterizza il procedere analitico del sociologo francese. La sua iperrealtà era l’idea di iper-realizzazione del mondo e il conseguente svuotamento di senso ed uccisione della realtà per eccesso. Ricordate il Delitto perfetto?

Se c’è morte del reale non è per sottrazione ma per un eccesso di realtà, eccesso che si produce per mezzo delle nuove tecnologie e dei media (l’arma del delitto, naturalmente priva di impronte). I media operano una "trasfigurazione tecnica del mondo", lo esauriscono nel realizzarlo, ne attivano "il codice di sparizione automatica". Siamo di fronte:
solamente alla dilatazione del corpo morto del reale – proliferazione di un universo compiuto, al quale non resta che iperrealizzarsi a non finire


Sarebbe perfetta, dunque, come tattica complessiva di svuotamento di senso sistemico per eccesso di senso corporeo, quello prodotto “dal basso”: dal proliferare di micro informazioni spesso insignificanti, utili più per se che per gli altri, devianti e deflagranti, miscela di ironia e stupidità; semplice caricamento di immagini con gatti e cani da condividere; produzione di lettere alfabetiche per Messenger da esibire agli amici in sequenze grafiche di puro senso estetico; eccesso di accessi in SecondLife di curiosi “avatar per un giorno” utili a gonfiare statistiche che portano imprese diverse dentro un mondo con utenti sempre unicamente possibili ma poco attualizzati …

Ipersocializzazione come pratica virale che nel proliferarsi di comunicazioni prodotte, riprodotte, diffuse, copiate e incollate, podcastate, ecc. porta all’implosione del senso.
Il tutto senza operazioni di mediattivismo dichiarato ma solo attraverso il puro utilizzo mediale da parte degli utenti di entrambi i lati della coppia produzione/consumo: il farsi media, insomma.
La pratica quotidiana che si fa politica. Le comunità di pratiche che producendo dissolvono.
Ma stanno così le cose?

C’è la questione dei corpi, di come sapere e vita si relazionano e vengono combinati negli ambienti mediali.

La televisione e i media virtuali mobilitano
costantemente il sistema nervoso sottraendo spazio per la socializzazione, per lo scambio affettivo, per la corporeità. Linguaggio e affettività sono scissi in maniera patogena.


Sul lato dei corpi, laddove l’effetto di cumulabilità delle pratiche del collettivo è solo rumore di fondo, la dimensione affettiva e, in fondo, l’esperienza, si costruisce attorno ad un linguaggio che è sempre più disancorato dal vissuto corporeo – così si dice. Nei media – territori, ambienti, mondi – la cui sostanza “materiale” è la comunicazione, impariamo ad interagire e a costruire vissuti emotivi a partire dalle conversazioni, dalle interazioni fra avatar, ecc. Quale forma corporea è questa? In che modo è desocializzante? Lo è perché la corporeità implicata è mediata? Ma allora: esiste un vissuto che non sia in qualche modo corporeo? Un’esperienza che non rientri, poi, nella processualità sensoriale? Tutta la dimensione della relazione fra media ed erotismo qualcosa dovrebbe avercelo insegnato.
Allora è desocializzante perché se chatti con altri non ne senti gli odori, non ne vivi la consistenza?
Eppure nelle giovani generazioni i segnali della necessità di problematizzare la socialità all’epoca della mediazione esiste.
C. ha 12 anni, viene a casa da scuola e mangia in fretta perché con i suoi compagni si è data appuntamento in Messenger. Magari con la webcam. Li fà esperienza dei rapporti che vive nella prima vita quotidiana in altro modo. Vale la pena riflettere.

venerdì, aprile 13, 2007

Produzione/consumo di contenuti digitali


Davide Bennato ha da pochissimo tenuto un seminario nel corso di sociologia dei New Media dal titolo “Forme di produzione e consumo di contenuti digitali” e adesso ha messo a disposizione i materiali online in formato PPT.

Potete guaraderveli qui...


... o nel suo blog dove la riflessione è arrichita di altri risvolti.

lunedì, aprile 09, 2007

MediaBeckett




Riceviamo da Laura Gemini e volentieri pubblichiamo... Aspettando Beckett...

In tempi di ambienti on line e di logiche di partecipazione sempre più diffuse e in cui sono gli utenti a generare i contenuti, tornare a un “classico” della drammaturgia contemporanea come Samuel Beckett, quello di Aspettando Godot per intendersi, potrebbe sembrare un’operazione anacranostica.
E forse lo è.
Ciò nonostante ci permette di ripercorrere, almeno in parte, una tappa di quella che potremmo chiamare l’archeologia dei media-mondo.
Radioplay e teleplay possono essere considerati il punto di partenza di tutta una serie di riflessioni e di pratiche espressive che hanno riguardato, e che riguardano tuttora, le potenzialità dei media e del loro utilizzo. Tematizzazione del medium tecnologico quindi, ma per Beckett anche del teatro istituzionale; messa in discussione delle regole di visione, del suono, e della produzione mainstream verso lo spiazzamento dello spettatore.
Sono gli anni in cui si sviluppano le avanguardie teatrali, in cui nasce la video arte e in cui si formano le estetiche che caratterizzano le videoculture digitali.
Forse per capire meglio queste ultime, e per meglio praticarle, la consapevolezza del “cosa c’è stato prima” può essere d’aiuto.
Ci proviamo con il seminario MediaBeckett organizzato nell’ambito delle cattedre di Teatro e Spettacolo e Sociologia dei New Media (Corso di laurea in Scienze della comunicazione, Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino “Carlo Bo”) e tenuto da Luca Scarlini, saggista e studioso di Beckett nonché autore del volume Lo sguardo selvaggio. Cinema e televisione di Samuel Beckett, Bologna, 2001.

Per una lettura performance di Scarlini l'appuntamento è lunedì 7 maggio 2007, Sala Cinema dell’Istituto di Comunicazione e Spettacolo, Facoltà di Sociologia, Via Saffi 15, Urbino.

martedì, aprile 03, 2007

Critica della ragione anti ideologica dei blog



Sta terminando la fase entusiastica ed acritica relativa ai blog. Atteggiamento peraltro più che normale nel periodo di emergenza di un fenomeno.
Non che non ci siano state voci "fuori dal coro" - basta ricordare le posizioni relative alla dimensione elitaria dei blog: pochi blog sono molto letti, citati, presenti nei blogroll di tanti... insomma pochi contano e hanno reputazione capace di orientare il giudizio. D'altra parte, si sa, i blog hanno una lunga coda.

La lettura del pezzo di Franco Berardi note sul divenire psicomediatico e di Geert Lovink Blogging, the nihilist impulse
sollecita alcune riflessioni in merito alla relazione tra blog e media mainstream.

Si tratta di una riflessione che può procedere per frammenti.

Primo frammento.
i blog testimoniano e documentano il potere decrescente dei media mainstream, ma non hanno consapevolmente sostituito la loro ideologia con una alternativa.


Detto in altro modo: i blog sono in fondo degli equivalenti funzionali dei media mainstream? Voglio dire: può essere che i blog promuovano differenze di superficie che si snocciolano dietro le molteplicità di forme e di contenuti, ma propongono un fondo uniforme che non sembra riuscire a proporsi come alternativa - strategica e consapevole - alla ideologia dei media mainstream?

Le grammatiche e i linguaggi che fanno riferimento a un pubblico, alla notorietà, ai meccanismi di auto)riflessività che consentono di riconoscersi per differenze ed analogie a partire dai contenuti mediali ecc. si ripropongono apparentemente in modi sostanzialmente uguali. Oppure esistono fratture significative, dei modi nuovi, delle mutazioni di linguaggio?
Sicuramente possiamo dire che l'individuo, anche con i blog, conferma di essere costruito dai linguaggi di massa trovando modi espressivi ed esperienziali dentro questi territori mediali.
In pratica l'appropriazione dei media il myMedia) rappresenta più che una forma di liberazione una forma di accettazione, di autocollocazione in quei territori che lavorano su logiche di espropriazione dei vissuti. E' vero che con i blog ci troviamo spesso di fronte a forme espressive capaci di riavvicinare che racconta alla sua narrazione. Ma possiamo leggere questo fatto anche cone una forma di autoespropriazione. Ad esempio costruisci un blog di successo e il MKTG lo analizza e usa le tue modalità in modo strategico per rivolgersi ai consumatori. Oppure: il fatto che quando tu stai postando "pensi" nei termini di un pubblico possibile non assoggetta il tuo vissuto alla logica dei linguaggi di massa?


Secondo frammento.
Blogging is neither a project nor a proposal but a condition whose existence one must recognize. "We blog,"


Eppure i blog rappresentano una forma di autoaffermazione. Non c'è pretesa, come nei media mainstream di rappresentare un proprio pubblico. In tal senso emerge un atteggiamento nichilista secondo Lovink.
La ricerca di senso individuale passa dallle forme di auto-affermazione come auto-pubblicazione. Pura testimonianza dell'esistenza individuale, di affermazione del proprio vissuto. Una costruzione che sembra constatare la caduta di centralità dei media mainstream ma che non rappresenta un'alternativa. Blog come una "condizione" esistenziale priva di progetto.

Mediologia e antropologia: due visioni da integrare. Per dar conto della mutazione in direzione post-umana, cioè verso individualità che si costruiscono per contatto mediato, per percezioni spazio-temporali ricombinanti. La riflessione è appena cominciata.